2021






Viaggio col pensiero fino al Giappone, dove mi ritrovavo all’inizio di quest’anno, a dieci ore di fuso orario da casa mia, a godere dei profumi della cucina locale e a immergermi nelle tradizioni di rigore e disciplina in netto contrasto con le abitudini europee. E mentre riporto alla mente questi ricordi, penso a quanto sia paradossale rispetto alla situazione attuale, che sembra collocarsi quasi anni da allora, in cui la libertà e la spensieratezza di mettere piede fuori casa per andare a fare la spesa vengono minate dalle norme in vigore relative all’emergenza sanitaria.
La pandemia di quest’anno trova una perfetta rappresentazione nel fenomeno del butterfly effect: una persona starnutisce in un altro continente, e noi ci ritroviamo reclusi tra le quattro mura di casa. Ho il timore che il recente terremoto in Croazia possa essere imputabile al mio ruzzolone dalle scale due giorni fa, o di poter causare uno tsunami in Sri Lanka la prossima volta che urterò un mobile con il mignolino del piede.
Tutte le aspettative sulle novità in relazione ai buoni propositi di fine 2019 sono andate anche fin troppo oltre che in fumo, dato che sembra che qualcuno abbia improvvisamente deciso di condensare dieci anni di avvenimenti in uno solo (non dimentichiamo le foreste in fiamme in Australia, il divorzio della Royal Family e l’orlo della Terza Guerra Mondiale, per citarne solo alcuni). Tuttavia, questo non ha impedito al moto rivoluzionario terrestre di compiere il proprio giro e intraprenderne uno nuovo, quasi in sincrono con le ottime novità provenienti dal mondo scientifico.
Durante quelle piccole commissioni essenziali consentite dai decreti di legge e le numerose videochiamate che mi hanno ormai causato un visibile strabismo, spesso mi è capitato di sentire che “Questo è un anno da dimenticare”. Mi permetto da dissentire da questa ripetuta (e ripetitiva) affermazione nel momento in cui, se avevano ragioni i nostri lontani cugini romani che attraverso le avversità si arriva alle stelle (Per aspera ad astra), proprio dall’anno ormai al termine dovremmo apprendere quanto più di positivo possibile.

È stato un anno che ha delineato confini, politici e fisici, tra paesi, continenti, persone e famiglie. Un anno che ha visto il continuo tentativo di incolpare “l’altro”: è sempre colpa di qualcuno che non siamo noi. Per come vive, per le abitudini che ha, per il suo credo o per il suo lavoro. Eppure questo virus ha dimostrato che i confini sono solo delle linee tracciate su un mappamondo che gli elementi naturali possono facilmente cancellare come una gomma fa con un tratto di matita.
Queste temporanee scissioni tra Stati, Comuni, Province e Regioni ha creato delle distanze, che si sono allungate e rendendo così inquantificabile il tempo speso lontano dagli affetti più cari. E per quanto questa lezione possa sembrare banale e semplicistica, mai più verrà data per scontata l’importanza del contatto fisico, del non vedersi solo attraverso lo schermo di una videocamera o di un cellulare. Mai credevo che avrei riprovato un’emozione così forte nel salire su un aereo, e mai avrei pensato di provare nostalgia nel riconoscere un volto familiare e sorridente, ora nascosto da una mascherina o occhiali protettivi.
Mai avrei pensato che sarebbe stato così difficile rivedere una persona a me cara, incontrata casualmente dopo tanto tempo in un centro commerciale o a passeggio con il cane, non potendola abbracciare e sentirmi gli occhi inumidire da quella inadempita necessità.
 
La mancanza di buonsenso, ulteriore dimostrazione di quanto la memoria a breve termine necessiti ancora di allenamento, ha sempre trovato come giustificazione la considerazione di un problema e della sua causa come proprio di qualcun altro.  
Se molta gente di poco conto, in molti luoghi di poco conto, facesse cose di poco conto, la faccia della terra potrebbe cambiare.
Ed è proprio partendo da questa affermazione di Raoul Follerau che forse bisognerebbe ricostruire la fiducia in chi ci sta offrendo delle soluzioni, assumendosi le proprie responsabilità e ponendo fine a tutte quelle idelogie individualiste che ormai si stanno diffondendo con più facilità dei nuovi contagi, e per cui non sarà una mascherina a proteggerci, quanto la cultura, l’istruzione e l’educazione.
Se gli egizi non si fossero affidati agli architetti e agli ingegneri, ora non avremmo una delle sette meraviglie del mondo. Se le istituzioni filosofiche ellenistiche fossero state messe in discussione dall’autoinformazione, ora non avremmo la maggior parte del patrimonio storico e culturale a noi in possesso.
 
Il mio augurio per quest’anno è di aspettare a comprare l’agenda 2021, io ancora non l’ho fatto dato che quella del 2020 si è rivalta un inutile spreco di soldi e per quanto possano continuarmi a suggerire di utilizzare il calendario del cellulare, rimango e rimarrò sempre vintage sotto questo punto di vista. L’inizio dell’anno nuovo dovrà essere considerata una fase di assestamento prima di organizzare programmi di ogni genere e più che una consueta lista dei buoni propositi, bisognerebbe stilare un elenco di tutto ciò che ci è rimasto e che ci è stato dato, senza badare continuamente quello che ci è stato tolto.
È una fase che deve essere vissuta con ottimismo, ma di tipo razionale e che non venga utilizzato come pretesto per smettere di fare la propria parte.
 
Siate ottimisti, quindi, ma rimanete coscenti.
 
A tutti, buona ricostruzione!

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