Sassi e traiettorie

                                                                                                                     11 Ottobre 2016, Milano

Caro L.,

Raramente mi ritrovo ad afferrare carta e penna, “alla vecchia maniera”, per scrivere a qualcuno. Ma ancor più raramente mi ritrovo a farlo alle 8.00 di mattina, in un bar del centro, accompagnato da una tazza di caffè americano – di cui ancora non sento gli effetti sul mio Sistema Nervoso Centrale – e circondato da centinaia di persone che cominciano come me la loro giornata. Chi diretto frettolosamente alla stazione o alla fermata della metropolitana più vicina. Chi come me, invece, riesce a godersi con più calma il sapore dolciastro e il profumo dei croissant appena sfornati.

Probabilmente non riuscirò a sfruttare al meglio tutta la mia dote da scrittore, perché sono un po’ fuori allenamento e perché è ancora presto, ma mi piace essere spontaneo e così ho deciso che farò anche con te.

Ho appena accompagnato mia mamma in ufficio, e dopo il caffè ho intenzione di impiegare il resto di questa libera mattinata autunnale – anzi, quasi invernale, viste le condizioni metereologiche! – e che per molti versi mi ricorda una domenica mattina, a passeggiare per le vie del Centro.

Ogni tanto mi piace concedere a me stesso un momento: fermarmi su una panchina a osservare i passanti; guardare la vetrina della piccola boutique di un’anziana signora, semi nascosta da due negozi dei brand più noti; camminare guardando, in alto, la fine delle guglie e tutta l’estensione in altezza dei palazzi e dei monumenti, focalizzandomi su un piccolo dettaglio di una struttura di mattoni rossi, segnati dall’imbrunire dei secoli scorsi.

Milano, la città del grigiume e della trafelazione, spesso criticata dal mio più rozzo lato da provinciale, può nascondere molte meraviglie, se meglio osservata.

Tutto questo via-vai di persona, questa grande lina temporale che percorre le sovrastanti ed imponenti mura di questa città, mi aiuta ad assumere sempre di più una consapevolezza che già da qualche tempo è parte di me.

Io sono uno. Uno tra tanti.

Per il mondo sono una persona e per alcune persone potrei essere tutto il mondo, ma rimango comunque uno, e non posso avere la pretesa di riuscire a lasciare ad ogni incontro un segno che mi renda unico.

Con te ci ho provato, dalla prima volta che ci siamo visti, e poi di nuovo per tutti i giorni a seguire fino all’anno successivo.

Forse non sono riuscito nel mio intento, ma se ti sto scrivendo, in quesnto momento, significa che probabilmente, in un modo o nell’altro, tu sei riuscito a marcarmi con un segno difficilmente cancellabile.

Come la scienza insegna, durante una sperimentazione ci possono essere diverse variabili che influenzano il risultato. E, come tu mi hai detto, forse in questo momento tutte queste variabili, tutte queste condizioni, non ci permettono di stare bene.

Ma sono anche certo che esistono altrettante variabili e condizioni, non ancora scientificamente dimostrabili, che permettono a due persone di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Si tratta di coincidenze che non si possono dimostrare scientificamente o matematicamente, ma forse proprio per questo provo ancora più gusto a lasciarle al caso.

O quantomeno, ho imparato a lasciarle al caso senza più cercare una risposta che sia logica e razionale. E’ il bello di lanciare un sasso in mezzo a un lago, senza calcolarne traiettoria o moti vettoriali, e senza sapere dove andrà a finire in mezzo agli altri sassi del fondale.

Spero che un giorno il caso porti anche a te un momento giusto, un luogo giusto e una giusta persona. Non tutto deve essere premeditato e non sempre le nostre condizioni impediscono a quelle degli altri di influenzare il risultato da noi atteso.

Con affetto,

Luca

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