Quarantena

Abbiamo attraversato quel cancello, chiudendolo a chiave.

Lasciandoci indietro ogni dubbio e questione irrisolta, perché non importava più. Creando uno spazio in cui stare e abbandonarci alla nostra persona. Qualcosa solo di nostro, con dei confini ben delineati.

Lo abbiamo chiuso. E non importava più guardarci le spalle, i passi percorsi, o consumare inutilmente aria per dare un’immagine ai nostri sentimenti che, ormai, di parole bisogno non ne avevano più.

Abbiamo girato la chiave. Gettandola insieme a tutto ciò che non è più necessario nel tombino più vicino. Quasi come per liberarcene subito, disfarcene senza pensare e senza quei romanticismi che all’inizio fanno parte di un protocollo da seguire, e poi diventano solo qualcosa di superfluo e di scontato. Come uno di quegli accessori che vengono regalati a Natale, Cresima o Comunione, quando non si sa cosa altro comprare. E che dopo qualche mese o anno trovano dimora in un bidone, perché in realtà prendono solo polvere e danno fastidio.

Abbiamo attraversato quel cancello, e siamo rimasti soli, nudi, senza vergogna di un’anima di cui ormai conosciamo ogni centimetro e ogni angolo non illuminato. Consapevoli di non poter più riaprire quella porta e che quelle inferiate così strette e così affusolate non possono essere una via di scampo.

Siamo andati oltre, insieme, incrociandoci nelle nostre similitudini e senza riconoscerci nelle nostre differenze.

E la differenza più grande, tra me e te, è che quel cancello abbiamo deciso di attraversarlo in direzioni opposte.

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