Keep calm, carry on, and change

Uno dei primi giorni di Università, il nostro Coordinatore del Corso di Laurea entrò in aula, diede un bigliettino ad ognuno di noi, e ci chiese di scriverci la risposta alla domanda “Che cosa voglio imparare?”.

Sulle prime ero molto indeciso: cercavo una risposta che non mi esponesse troppo e che facesse sì che i miei colleghi e il Coordinatore stesso non si facessero un’idea su chi potessi veramente essere. Decisi, così, di lanciare una sfida e la mia risposta fu: Un metodo per diventare l’infermiere più bravo sulla faccia della terra. Se avessi saputo quanto avrei dovuto pagare caro le conseguenze di quella sfida, me la sarei tenuta per me.

Fu un anno difficile. Una fase di rodaggio che mi costò tanta fatica e sudore. Nel corso dei miei anni sono cambiato in maniera notevole e in un lungo periodo, ma mai così velocemente come ho dovuto fare il primo anno di Università.

la verità è che, in quel momento, una risposta non ce l’avevo. E di certo non avrei potuto trovarla nei 5 minuti che ci erano stati concessi per rispondere. Di conseguenza, convinto delle mie capacità, decisi di circondarmi di un’aura di arroganza che mi contraddistinse da lì ai mesi successivi.

Mi resi conto che le cose cambiano e, insieme ad esse, anche le persone. I rapporti che all’inizio si consolidano diventano poi effimere conversazioni e formali saluti per non incrinare anche i limiti della convivenza civile. Quelli che invece non erano stati considerati opportuni, diventano tra i migliori della propria vita e se non con un fondo leale e sincero, quantomeno con un fine opportunistico e con l’obiettivo di riuscire a cavarsela.

Oppure può capitare quello che è successo a me: utilizzare l’arroganza come meccanismo di difesa, in maniera così tanto eccessiva, da rimanere soli e ritrovarsi un intero esercito che cerca di metterti i bastoni tra le ruote (cosa che in realtà si rivela essere, poi, una necessaria doccia d’acqua fredda).

Non sarei mai diventato l’infermiere migliore sulla faccia della terra. In generale, la mia vita sembra essere predestinata perché io non faccia parte del circolo elitario dei Migliori e con questo non voglio dire che non va bene o che faccia schifo. Anzi, il contrario. Se per me non è stato mai designato il numero 1, almeno mi è stata impartita una buona risposta e ora la risposta alla mia domanda l’ho trovata: voglio imparare quello che voglio essere.

Voglio essere quella persona che sbatte il naso contro il muro e capire da solo dove ho sbagliato, per poi essere in grado di trovare le armi migliori per saper riparare.

Voglio essere quella persona che è sempre stata contraddistinta dal rispetto e dall’amore per il prossimo, anche se un po’ contraddistinto dalla solitudine.

Voglio continuare ad essere quella persona a cui i pazienti hanno detto, durante il tirocinio, che di pazienza come lui nessuno ne ha. Perché ognuno deve essere consapevole delle proprie capacità, ma avere un riscontro positivo rende sempre più forti.

Voglio essere quella persona su cui gli altri possono fare affidamento e in cui trovare un sorriso nei momenti di difficoltà.

Voglio essere quella persona in grado di condividere gioie, dolori, passioni e divertimento, senza essere inopportuno.

Voglio essere quella persona che è in grado di accettare i cambiamenti con calma e serenità.

Perché i cambiamenti sconvolgono, spaventano, mettono le spalle al muro e sono difficili da accettare. Ma sono la cosa migliore che ci possa capitare.

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